Il tema del conflitto di interessi non è un argomento nuovo: non è nato oggi con lo sviluppo del capitalismo finanziario e del mercato globalizzato.

Il conflitto di interessi è sempre esistito e le regole alla base del sistema economico e giuridico sono state create allo scopo di prevenire, limitare e gestire qualsiasi situazione che possa nuocere all’interesse generale e falsare il gioco del mercato.

E’ senza dubbio, una delle nozioni più proteiformi della scienza giuridica, poiché riguarda tutti i rami del diritto e può essere utilizzata per identificare situazioni molteplici, che rientrano nella sfera economica, finanziaria e politica.

Tutte queste situazioni potenzialmente conflittuali sono molto diverse e sono regolate da norme diverse, che rendono il conflitto di interessi un concetto difficile da definire.

A livello internazionale, le due principali definizioni di conflitto di interessi, sono state elaborate dal Consiglio d’Europa e dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE). Il punto comune tra queste due definizioni è che esse rimandano al conflitto tra la missione pubblica di un funzionario, da un lato, e i suoi interessi privati, dall’altro.

La sottile differenza sta nel fatto che la definizione del Consiglio d’Europa comprende i conflitti reali o apparenti, mentre quella dell’OCSE include i conflitti effettivi o potenziali. A livello dell’Unione europea, le definizioni del termine «conflitto d’interessi» si trovano sia in regolamenti aventi forza di legge, vale a dire lo statuto dei funzionari e il regolamento finanziario dell’Unione, sia in codici di condotta non vincolanti.

Tuttavia, nonostante gli sforzi compiuti, il legislatore europeo non ha ancora inquadrato, definito o sanzionato il conflitto di interessi.

Il conflitto di interessi nell’ambito del diritto pubblico francese

In Francia, il concetto di conflitto d’interessi è da sempre una nozione intimamente legata alla vita pubblica e al dovere di lealtà che il funzionario pubblico è tenuto a rispettare. La Costituzione francese del 1958 stabilisce che le funzioni dei membri del governo sono incompatibili con l’esercizio di qualsiasi mandato parlamentare, di qualsiasi funzione di rappresentanza professionale a carattere nazionale e di qualsiasi impiego pubblico o attività professionale.

Tuttavia, i recenti scandali (in particolare i casi Woerth-Bettencourt e Cahuzac) hanno messo in evidenza l’inefficacia di questo dispositivo di prevenzione, in particolare nella sua dimensione di informazione, di sensibilizzazione e di dichiarazione.

Per ovviare a tali lacune, il legislatore ha adottato la legge n°2013-907 dell’11 ottobre 2013 relativa alla trasparenza della vita pubblica, integrata dalla legge n°2016-1691 del 9 dicembre 2016 (legge Sapin 2) relativa alla trasparenza, alla lotta contro la corruzione e alla modernizzazione della vita economica e dalla legge n°2017-1338 del 15 settembre 2017 per la fiducia nella vita politica.

La legge n°907 del 2013 definisce per la prima volta il conflitto di interessi. Essa utilizza un concetto molto ampio e stabilisce che costituisce conflitto di interessi qualsiasi situazione di interferenza tra un interesse pubblico e interessi pubblici o privati che possa influenzare o apparire influenzare l’esercizio indipendente, imparziale e obiettivo di una funzione.

Tra le misure faro adottate dal governo francese per modernizzare la vita pubblica figurano:

  • Gli obblighi di astensione e di dichiarazione di interessi e di situazioni patrimoniali per un certo numero di eletti e di responsabili di enti pubblici
  • La creazione di una nuova autorità amministrativa e indipendente: l’Alta autorità per la trasparenza della vita pubblica (HATVP), che ha il compito di verificare, controllare e, se del caso, rendere pubbliche le dichiarazioni di interessi, ma anche di avvertire in caso di inadempienza
  • Il rafforzamento delle sanzioni penali nel caso in cui le persone interessate non rispondano alle ingiunzioni di comunicare all’Alta Autorità talune informazioni utili al suo giudizio.

Lo scopo della legge 907 del 2013 è di piazzare l’interesse generale in primo piano, in modo da porre la Francia tra le democrazie più avanzate in materia di prevenzione dei conflitti di interessi.

Tuttavia, il concetto di conflitto d’interessi non riguarda solo il settore pubblico, ma deve essere ampliato e comprendere anche il settore privato, ove i rischi di situazioni che possono dar luogo a conflitti d’interesse sono numerosi come nel settore pubblico.

Il Codice di commercio non contiene la nozione di conflitto di interessi

Il Codice di commercio prevede un certo numero di disposizioni che disciplinano i rapporti tra dirigenti e azionisti di società quotate e che menzionano il conflitto di interessi, senza però mai definirlo.

Inoltre, a differenza del Codice monetario e finanziario, il Codice di commercio non prevede obblighi specifici che obblighino le società quotate ad adottare tutte le misure ragionevoli volte a prevenire i conflitti di interesse e, qualora non possano essere evitati, individuare, gestire, monitorare e, se del caso, rivelare tali conflitti di interesse per evitare che essi ledano gli interessi della società e dei suoi azionisti.

Prevede solo alcune disposizioni specifiche per limitare le situazioni in cui i rischi di conflitto di interessi sono più importanti: è il caso della procedura delle convenzioni regolamentate di cui all’articolo L.225-38 e seguenti dello stesso Codice.

L’assenza di una definizione chiara del concetto di conflitto di interessi può essere fonte di confusione e può a priori indebolire l’efficacia delle misure di prevenzione e di controllo da attuare per dissuadere comportamenti opportunisti.

Per colmare questo vuoto normativo, alcuni autori hanno proposto una serie di definizioni del conflitto di interessi. Per il professor Dominique Schmidt, il conflitto di interessi «nasce quando una persona persegue due o più interessi e quando questi interessi sono in conflitto».

Per quanto riguarda la società per azioni, Schmidt precisa che: «il conflitto di interessi riguarda qualsiasi situazione in cui un azionista o un dirigente scelga di esercitare i suoi diritti e poteri in violazione dell’interesse comune per soddisfare un interesse personale esterno alla società, o per concedersi nella società un vantaggio a danno di altri azionisti».

Il professor Alain Couret, non senza ragione, incorpora nella sua nozione di conflitto di interessi il concetto di lealtà e osserva che: «la questione dei conflitti di interessi è una questione importante del diritto degli affari. Il testo tende a privilegiare la lealtà e la trasparenza. Ora, i conflitti di interesse sono vettori di slealtà: d’altronde, se non vengono rivelati, ledono e spesso in modo molto sensibile l’esigenza di trasparenza».

Le definizioni proposte mirano a stabilire delle linee direttrici certe in materia di conflitti di interessi in modo che il legislatore possa trarne le debite conclusioni.

Le raccomandazioni del Codice AFEP-MEDEF in materia di conflitto di interessi

Gli sviluppi indotti dalla globalizzazione e dalla finanziarizzazione dei mercati si sono ripercossi sulle modalità di regolamentazione della vita dell’impresa. Nel nuovo regime di organizzazione del mercato la variabile cardine del comportamento delle imprese è la massimizzazione del profitto. Gli azionisti e gli investitori istituzionali tendono ad imporre ai dirigenti di rendere il loro profitto il più elevato possibile. Il criterio di performance reagisce alle scelte strategiche delle imprese, all’organizzazione delle strutture decisionali, alla ripartizione e all’utilizzazione dei profitti.

Ne risulta una tensione continua tra azionisti e dirigenti, che può scatenare un conflitto di interessi quando le scelte di gestione dei dirigenti tendono a privilegiare i propri interessi personali o quelli di terzi con i quali hanno legami particolari a scapito dell’interesse della società e delle altre parti interessate.

In tale contesto, il ruolo della governance è fondamentale. Il codice di governo societario AFEP-MEDEF, aggiornato a gennaio 2020, contiene raccomandazioni per il consiglio di amministrazione.

Quest’ultimo deve prestare particolare attenzione a prevenire eventuali conflitti di interesse e a tener conto di tutti gli interessi. Il Codice AFEP-MEDEF specifica – nel capitolo dedicato alla deontologia degli amministratori – che questi ultimi hanno l’obbligo di comunicare al consiglio qualsiasi situazione di conflitto di interessi anche potenziale e devono astenersi dal partecipare al dibattito e alla votazione della relativa deliberazione.

Secondo il Codice AFEP-MEDEF è importante andare oltre, concentrandosi non solo sulla trasparenza ma sul miglioramento delle regole deontologiche applicabili agli amministratori e sull’efficacia di tali regole.

Ciascun consiglio di amministrazione può completare tali regole deontologiche con altre obbligazioni particolari, tenuto conto del funzionamento, delle dimensioni e del settore di attività della società. A tale proposito, il Codice AFEP-MEDEF raccomanda al consiglio di amministrazione di precisare nel suo regolamento interno le norme di prevenzione e di gestione dei conflitti di interesse.

Il consiglio deve attivarsi per definire e formalizzare una politica di prevenzione e di gestione dei conflitti di interessi, i cui grandi principi possono essere enunciati nel codice di condotta. Deve inoltre stabilire procedure preventive (ad esempio prevedere l’obbligo di dichiarazione annuale), designare un responsabile in seno al consiglio al quale gli amministratori possono rivolgersi quando percepiscono situazioni suscettibili di esporli a rischi di conflitto di interessi.

Potranno così rivolgersi al presidente del consiglio se la funzione è dissociata dalla direzione generale o al presidente del comitato delle nomine oppure all’administrateur référent (lead independent director) Il consiglio di amministrazione deve infine adottare misure correttive adeguate e prevedere sanzioni disciplinari in caso di mancato rispetto dell’obbligo di lealtà.

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