Da quando Vladimir Putin ha lanciato un massiccio attacco militare contro l’Ucraina, con l’obiettivo dichiarato di rovesciare il governo democraticamente eletto e sostituirlo con un regime sottomesso a Mosca, diversi intellettuali, un pò dappertutto nel mondo, si sono mobilitati per condannare questa guerra e mostrare il loro sostegno alla popolazione ucraina costretta a fuggire dal paese.
Questa volta, è la scrittrice e drammaturga francese Hélène Cixous che ha inviato a Libération un testo inedito in cui ricorda le atrocità della guerra, di tutte le guerre, e grida il suo dolore…
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“Devo parlare o devo rimanere in silenzio?
“Eloquar an Sileam?” chiede Enea attraverso Virgilio in un soffio nel libro III dell’Eneide, nel momento in cui esita a evocare l’orribile stato del corpo di Polidoro, così trafitto dalle lance da essere diventato un cespuglio che trasuda sangue
Abbiamo il diritto, ho la forza, io, testimone illeso delle pene che torturano i miei simili, di parlare?
Devo rimanere in silenzio? O dovrei?
Come posso mantenere la tenera distanza che non tradirebbe il potere della compassione? Il bisogno di piangere?
E mentre Enea si lacera dentro, Virgilio decide di far sentire le Voci. Come non parlare? Come parlare?
Quale discorso non è adulterato dalla letteratura di fantasia? Domande così familiari a tutti i testimoni che servono la memoria.
– La cosa giusta sarebbe l’Urlo, mi sono detto. Ma ho già gridato, mi dico. Ho già ricevuto le lance della guerra e ho emesso un Urlo, quella specie di Urlo che sale al cielo, ma invano, come già si rammaricava Rilke, e prima di Rilke ogni poeta – perché fin da Omero questa è stata la preoccupazione del poeta – e dopo di lui, Celan, e dopo Celan, l’Ucraina, che è diventata questo immenso personaggio trafitto dai colpi, e che non tace, che fa tremare la grande Narrazione dei secoli, ancora una volta.
L’Urlo, canto di rabbia e dolore, prima parola che trafigge tutto il sonno e l’indifferenza, l’Urlo, in questa oscurità, si chiama Ucraina!
Quindi sta succedendo di nuovo? La guerra? Lo stupro della vita?
Ed è così che iniziò la Letteratura-furto, con un’esplosione del cuore umano, con sospiri in fiamme.
L’ho gridato di nuovo non molto tempo fa a Gerusalemme. E anche a Berlino, poco tempo fa. Questo era tutto quello che avevo da dire. Naturalmente.
Quando avevo tre anni, molto tempo fa – ma il 1940 è così vicino – a Orano, al riparo in cantina, durante l’allerta, non lo gridavo: tutto il mondo era solo un grido, con tanto di fischi.
In cantina, era buio, soffocante, come in una pre-tomba, ma ero protetto: i miei genitori ci guardavano e sorridevano
A quelli che si sono rifugiati sotto la terra, serve un po’, un po’ del sorriso dei genitori, un po’ dell’aria della tenerezza umana
Posso ancora sentire la sensazione di asfissia e sordità nella cantina in fondo alle scale. Negli anni ’40 mi dondolavo avanti e indietro, sussurrando la parola che respira: mamma-mamma.
Oggi una parola non cessa di brillare nello spessore sotto la guerra: Oukraïna, Oukraïna. Notte e giorno ti sento fremere: Ukraïna, Ukraïna.
Hélène Cixous, 17 marzo 2022.
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Questo articolo è basato su un testo inedito di Hélène Cixous apparso su Libération il 27 marzo 2022