Negli Stati Uniti e in tutto il mondo (Canada, Australia, Sudafrica, Francia, Regno Unito, Italia, Giappone…) centinaia di migliaia di persone, di tutte le età e di tutte le culture, si sono mobilitate dopo la morte di George Floyd, un giovane Afroamericano, ucciso a Minneapolis, alla fine di maggio, durante un controllo della polizia. Pugno alzato, braccio teso, denunciano, ad alta voce, le disuguaglianze sociali e la violenza della polizia.
I fatti parlano da soli: l’America è a una svolta storica perché deve essere in grado di porre fine alle divisioni razziali, di riformare il sistema di polizia e la giustizia penale, e di migliorare le condizioni di vita della comunità Afroamericana.
La portata e la spontaneità di questo movimento nazionale di indignazione rendono ormai impossibile di ignorare la questione razziale. La politica deve dare risposte concrete che facciano la differenza e rispondere alle esigenze di sicurezza, di giustizia e di uguaglianza.
Per ciò che rappresenta, per il suo carisma e il suo percorso eccezionale, Barack Obama è l’unico politico che può rivolgersi direttamente alla comunità Afroamericana per incitarla a cogliere questo momento storico per far evolvere le mentalità e reclamare il cambiamento, di cui l’America e gli Americani hanno bisogno.
Il sogno americano di Barack Obama
Obama si è imposto sulla scena politica americana in un’epoca in cui tutti continuavano a chiedersi se l’America fosse pronta ad eleggere un Presidente Nero, se gli Americani fossero così forti e sicuri di sé per vedere aldilà del colore della sua pelle e farla finita, una volta per tutte, con i pregiudizi razziali.
La sua vittoria storica e schiacciante contro Hillary Clinton, nel 2008, ha permesso di dimostrare – se mai qualcuno ne dubitava ancora – che l’America era un luogo dove tutto era possibile e che il sogno dei suoi padri fondatori – basato sull’uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge – era ancora vivo.
È vero, c’è voluto molto tempo, ma il cambiamento alla fine è arrivato. Primo Presidente Nero della storia degli Stati Uniti, Obama si è sempre presentato come il Presidente di tutti gli Americani, senza dimenticare le sue origini.
Si è impegnato e ha fatto del suo meglio per riconciliare i Bianchi e i Neri, e permettere al paese di progredire sulla delicata questione del razzismo. La sua elezione ha fatto sognare e ha ridato speranza alla comunità Afroamericana.
Tuttavia, i sogni hanno presto lasciato il posto alla realtà. Arrivato alla Casa Bianca in un’epoca in cui il paese era in guerra e in piena crisi economica, Obama è stato rapidamente confrontato a numerose sfide, importanti e urgenti, che richiedevano scelte difficili.
È riuscito a rilanciare la crescita del paese e a salvare l’economia americana, dopo la più grave crisi economica che il paese abbia conosciuto dopo il crollo di Wall Street del 1929. Ha autorizzato un’operazione militare per catturare, vivo o morto, Osama Bin Laden. Ha contribuito al successo della COP21 di Parigi sul cambiamento climatico. È riuscito a far approvare la legge di riforma sanitaria (Obamacare), che ha permesso a venti milioni di Americani, compresi i Neri, di beneficiare di una copertura sanitaria. È riuscito a congelare il programma nucleare iraniano e a concludere con Cuba un accordo storico finalizzato a ristabilire le relazioni diplomatiche tra i due paesi.
Obama di fronte alla questione razziale
Tuttavia, mentre l’amministrazione Obama si concentrava sulla crisi economica e sulla minaccia terroristica, le ingiustizie di cui erano vittime gli Afroamericani erano tollerate nel paese. Molti hanno voltato le spalle e chiuso gli occhi.
Obama è stato allora accusato, da una parte della comunità Afroamericana, di non aver fatto abbastanza per lottare contro le disuguaglianze sociali e le discriminazioni razziali e contro la violenza cieca che la polizia usava verso gli uomini e i ragazzi Afroamericani.
Alcune di queste critiche erano legittime. Diversi episodi di violenza da parte della polizia hanno scioccato, nel 2014, l’opinione pubblica, come la morte di Michael Brown a Ferguson, nel Missouri, di Laquan Mcdonald, a Chicago, di Tamir Rice, a Cleveland e di Eric Garner, a New York.
Secondo uno studio dell’Accademia Nazionale delle Scienze degli Stati Uniti, che ha analizzato questa escalation di violenza razziale che coinvolge agenti di polizia Bianchi, gli uomini Afroamericani sono molto vulnerabili e costituiscono la popolazione più a rischio di fronte alla polizia. Hanno 2,5 volte più probabilità di morire nelle mani della polizia rispetto agli uomini e ai ragazzi Bianchi[1].
Ciò dimostra che il colore della pelle è ancora una causa di discriminazione razziale e che l’odio contro gli Afroamericani è antico e profondamente radicato nella società e nelle istituzioni da secoli.
Obama ha sempre affermato, a questo proposito, che l’eliminazione del razzismo negli Stati Uniti è una questione che non può essere risolta da un giorno all’altro. Le discriminazioni razziali potranno scomparire solo gradualmente e ha invitato i giovani, Bianchi e Neri, ad essere perseveranti nella loro lotta e ad essere padroni del loro destino.
Le proteste pacifiche e le elezioni presidenziali 2020
Oggi, il paese più potente del mondo è in grande difficoltà: la pandemia di Covid-19 ha fatto scivolare gli Stati Uniti nella recessione e ha aggravato le disuguaglianze sociali e le tensioni razziali, che covavano da lungo tempo.
Obama ha deciso di uscire dal suo silenzio e nella sua tribuna pubblicata sul sito Medium ha incoraggiato gli Americani, e in particolare la nuova generazione di attivisti, a trasformare la protesta contro la morte di George Floyd in un reale cambiamento di mentalità e di politica.
Vuole far pesare il suo carisma e la sua esperienza per influenzare le elezioni presidenziali del 4 novembre 2020 per porre fine alla presidenza Trump e alla sua gestione disastrosa, che ha reso l’America più egoista, tribale e divisa più che mai.
È il momento della speranza e dell’ottimismo e, quindi, Obama incita tutti a mettersi al lavoro: «Let’s get to work! ».
È del parere che per provocare il vero cambiamento occorra non solo prendere di mira il problema, per denunciarlo e far sentire a disagio le persone al potere, ma è anche fondamentale che le aspirazioni legittime di coloro che oggi sfilano per le strade, siano tradotte in leggi e pratiche istituzionali precise.
In una democrazia come quella americana, i cittadini sono chiamati a eleggere funzionari che rispondano direttamente ai loro elettori su tutte le questioni riguardanti i servizi di polizia e il sistema di giustizia penale.
Obama ricorda che sono i sindaci e i dirigenti delle contee che nominano la maggior parte dei capi di polizia e che negoziano accordi collettivi con i sindacati di polizia. Sono gli avvocati distrettuali e gli avvocati dello Stato a decidere se indagare o meno e, in ultima analisi, accusare le persone coinvolte nella condotta scorretta della polizia.
Tutti questi funzionari sono eletti a suffragio universale diretto. Ed è a questo livello che il cambiamento può realizzarsi favorendo una maggiore partecipazione dei cittadini americani soprattutto attraverso il voto alle elezioni locali.
Il messaggio di Obama è un manifesto politico, un vero e proprio appello all’unità in vista delle prossime elezioni presidenziali. Un grande paese come l’America merita un vero Presidente all’altezza delle sue ambizioni, capace di unire il paese e di guidarlo ad uscire da questa crisi socioeconomica.
Il cambiamento di mentalità e di politica, ma anche il futuro dell’America dipendono quindi da questa elezione.
gp@giovannellapolidoro.com
[1] L’Accademia nazionale delle scienze degli Stati Uniti ha publicato il 16 agosto 2019 uno studio sulla vulnerabilità degli uomini Neri di fronte alla polizia. Il testo è disponibile sul sito : https://www.pnas.org/content/116/34/16793