La separazione delle funzioni alla testa di un’impresa è una pratica di governance piuttosto recente. Fino agli anni ’90, il modello dominante – in particolare negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in Francia – era quello dell’unificazione delle funzioni di Chairman and CEO (presidenza del consiglio di amministrazione e direzione generale).
Si tratta di un modello che consente di cumulare le due funzioni menzionate nelle mani di una sola persona, limitando fortemente le capacità di controllo del consiglio di amministrazione.
La separazione delle funzioni era, all’epoca, una pratica di governance ancora poco sviluppata. Solo le imprese tedesche con consiglio di vigilanza e consiglio di gestione e le imprese italiane con consiglio di amministrazione e collegio sindacale adottavano una forma duale di governance che permetteva di separare il potere di controllo dal potere esecutivo[1].
Tuttavia, il movimento di riforma del governo societario – che si è imposto negli ultimi 30 anni – ha fatto evolvere le ideologie e le pratiche di governance, modificando le regole del potere al vertice delle imprese. Lo spazio discrezionale dei manager è stato ridotto grazie all’applicazione del principio di «monitoring board» e all’attuazione di vari meccanismi di governance (comitati del consiglio di amministrazione, comitato di audi t, amministratori indipendenti, Lead independent director…).
Le ragioni di questo cambiamento sono molteplici. In breve, e senza voler entrare nei dettagli, si può dire che diversi fattori hanno ampiamente contribuito a delimitare la latitudine del potere dei manager. Ricorderemo soltanto i sei principali:
- La complessità dell’organizzazione delle imprese soprattutto multinazionali
- Il rafforzamento del potere degli azionisti, che ha indotto le imprese ad adottare meccanismi di governance per controllare il potere esecutivo
- L’ampliamento dell’azione politica dei dirigenti in seguito al moltiplicarsi delle parti interessate (azionisti, dipendenti, collaboratori, ONG, associazioni dei consumatori, autorità pubbliche, fornitori, banche…)
- Il rafforzamento del livello di controlli interni ed esterni all’impresa
- La globalizzazione dei mercati e la presenza internazionale delle imprese
- Il rafforzamento delle esigenze di informazione e di trasparenza in risposta agli scandali finanziari dovuti, per molti, ad abusi di potere da parte di alcuni dirigenti.
L’insieme di questi fattori ha quindi avuto un forte impatto sull’organizzazione del potere al vertice dell’impresa.
La dissociazione delle funzioni di presidente del consiglio e di direttore generale (Chairman e CEO) è stata pertanto considerata come un meccanismo indispensabile di buona governance. Quest’ultima consente di garantire la massima chiarezza nella ripartizione dei ruoli e un migliore equilibrio dei poteri tra la direzione, il presidente del consiglio di amministrazione e gli amministratori.
A dire il vero, il meccanismo della dissociazione dei poteri – per quanto seducente – non raccoglie l’unanimità, tanto più che la sua superiorità formale rispetto all’unificazione delle funzioni non è ancora stata dimostrata. Inoltre, i testi legislativi (europei, americani o inglesi) sono silenziosi al riguardo. Sembrano piuttosto accettare l’idea che queste diverse modalità di direzione – unificata e dissociata – possano coesistere e lasciano libere le imprese di decidere, tra le due opzioni, quella che conviene di più.
Ne consegue che la dissociazione delle funzioni è oggi una pratica di governance raccomandata solo dai Codici di Governance d’Impresa.
Unificazione o dissociazione : una prerogativa del consiglio di amministrazione
La decisione di unificare o di dissociare le funzioni in seno alla direzione è una prerogativa del consiglio di amministrazione che – tenuto conto della struttura dell’azionariato, della complessità dell’organizzazione, del settore d’intervento, della pressione esercitata dalle parti interessate e dal mercato (…) – deve essere in grado di scegliere tra l’uno o l’altro modo di direzione[2].
E’ il consiglio di amministrazione che deve giustificare le ragioni della sua scelta agli investitori e al mercato. A questo proposito, i Codici di governance raccomandano che quando il consiglio di amministrazione ha deciso di unificare le funzioni di presidente del consiglio di amministrazione e di direttore generale, è tenuto ad informare accuratamente gli investitori e il mercato sui meccanismi di governance adottati per garantire l’equilibrio dei poteri e il controllo sulla gestione dell’impresa.
Perché scegliere l’unificazione delle funzioni?
Sebbene molto criticata dagli investitori istituzionali, l’unificazione delle funzioni di presidente del consiglio di amministrazione e di direttore generale è una pratica di governance adottata dalla maggior parte delle società quotate francesi, che tendono a centralizzare l’insieme dei poteri esecutivi nelle mani di una sola persona.
L’aspetto negativo di tale formula è che il consiglio di amministrazione corre il rischio di non poter esercitare un controllo efficace e indipendente sulla gestione e sulla performance del direttore generale. Infatti, le decisioni del consiglio di amministrazione possono essere orientate in funzione degli interessi della direzione.
Inoltre, l’unificazione dei ruoli di presidente del consiglio e di direttore generale può essere fonte di confusione poiché il P-DG si ritrova ad essere, al tempo stesso, giudice e parte in causa. E quindi, in queste condizioni, è molto difficile che possa svolgere pienamente un ruolo di interfaccia con i membri del consiglio di amministrazione.
Per queste caratteristiche, l’unificazione delle funzioni è particolarmente adatta per le imprese quotate di piccole dimensioni con un azionariato concentrato (PMI – piccole e medie imprese o Start-up) che desiderano disporre di una direzione più stabile, più efficace, più reattiva, coerente con la storia e i valori dell’impresa.
Questo tipo di direzione presenta, tra l’altro, il vantaggio di evitare i rischi di concorrenza e di rivalità tra il presidente del consiglio e il direttore generale, nel caso in cui i profili di questi due dirigenti non siano complementari.
In ogni caso, per tener conto delle pressioni esercitate dagli investitori istituzionali che hanno sempre considerato l’unificazione delle funzioni un esempio eclatante di cattiva governance, i Codici di governance raccomandano al consiglio di amministrazione – nel caso in cui la differenza tra P-DG e DG non sia stata stabilita – di istituire meccanismi di governance per consentire a quest’ultimo di svolgere la sua missione di controllo.
L’unificazione delle funzioni è possibile solo in presenza di un consiglio d’amministrazione forte composto da amministratori indipendenti, da comitati specializzati e da un Lead independent director (administrateur réfèrent) incaricato di gestire le relazioni con i membri del consiglio e di prevenire il conflitto di interessi all’interno dell’impresa.
Perché scegliere la dissociazione delle funzioni?
Su sollecitazione dei mercati finanziari, la separazione delle funzioni con un ruolo ben definito per il presidente del consiglio di amministrazione e per il direttore generale è diventata la regola per le società quotate bancarie. Indipendentemente dalla regolamentazione bancaria, il meccanismo della dissociazione delle funzioni, da diversi anni, è adottato dalle società tedesche, britanniche e italiane considerate molto avanti in questo ambito.
Gli investitori istituzionali sono infatti del parere che questa formula di direzione assicuri la massima chiarezza nella ripartizione dei ruoli e permetta di creare un contropotere efficace.
Il presidente del consiglio di amministrazione è incaricato di organizzare e animare i lavori del consiglio, di cui rende conto all’assemblea generale degli azionisti, di assicurare che gli amministratori siano in grado di svolgere i loro compiti, di esercitare un controllo permanente sulla direzione, di rappresentare il consiglio di amministrazione e di garantire il buon funzionamento degli organi sociali e l’applicazione delle norme di governance.
Il direttore generale si occupa di definire la strategia che è sottoposta all’approvazione e alla supervisione del consiglio di amministrazione, di rappresentare l’impresa e di assicurare la gestione corrente e la performance di quest’ultima.
Il controllo esercitato dal consiglio di amministrazione, in questo contesto, è più efficace e più indipendente nei confronti della direzione dell’impresa. E ciò dipende in parte dal fatto che, in seguito alla separazione delle funzioni, il presidente del consiglio gode di una maggiore disponibilità, il che gli consente di disporre di più tempo per occuparsi unicamente del buon funzionamento del consiglio. In particolare, deve accertarsi che gli amministratori abbiano ricevuto informazioni sufficienti per poter partecipare attivamente ai lavori del consiglio e suscitare un buon livello di discussione al suo interno.
La separazione dei ruoli presenta il vantaggio di costringere il direttore generale ad essere più diligente e più prudente nell’esercizio delle sue funzioni e ad agire in ogni circostanza nell’interesse dell’impresa.
Il successo di questa formula di direzione si basa sulla fiducia, sul rispetto reciproco e su una comunicazione efficace tra il presidente del consiglio e il direttore generale. Per queste caratteristiche, la separazione delle funzioni è particolarmente adatta alle grandi imprese quotate con azionariato diffuso in quanto permette di diluire la leadership del direttore generale e di assicurare una migliore trasmissione dei poteri in occasione della successione alla testa della direzione.
Non è il direttore generale che gestisce la propria successione, ma il consiglio di amministrazione in collaborazione con il presidente del consiglio e il comitato delle nomine.
gp@giovannellapolidoro.com
[1] La forma di gouvernance duale, con consiglio di sorveglianza e direttorio, è stata introdotta in Francia dalla legge di riforma n°66-537 del 24 luglio 1966 che aveva l’ambizione di semplificare e modernizzare il diritto francese delle società. Invece, in Italia, la forma di gouvernance duale è stata introdotta dal decreto legislativo n°6 del 17 gennaio 2003 relativo alla riforma del diritto delle società.
[2] Mentre la decisione di trasformare una società in consiglio di amministrazione in società con comitato di direzione e consiglio di vigilanza o viceversa rientra nella competenza dell’assemblea generale straordinaria, trattandosi di una decisione che comporta una modifica dello statuto.