Dall’inizio dell’epidemia di Covid-19, da un angolo all’altro del pianeta, miliardi di persone sono state obbligate a restare in casa. Una tale misura così inedita è stata giustificata dalla necessità di rallentare la propagazione del virus, ma soprattutto dalla volontà di regolare il numero di pazienti gravi ricoverati nelle unità di terapia intensiva degli ospedali.

Per la maggioranza delle persone, il coronavirus non ha avuto delle conseguenze importanti, ma per le persone anziane ultrasettantenni o per le persone fragili già afflitte da altre malattie, questa epidemia è stata percepita come una minaccia pericolosa perpetrata da un virus invisibile e sconosciuto.

Tutti abbiamo visto la velocità con la quale la propagazione del virus a letteralmente travolto i sistemi sanitari dei paesi, compresi anche i paesi più industrializzati. Alcuni di loro si sono ritrovati sforniti di materiale di protezione (maschere chirurgiche, gel idroalcolico, guanti, occhiali, camici di protezione, test di depistaggio, etc.), di sistemi di ventilazione artificiale e, dunque, nell’incapacità di trattare, in assenza di un vaccino, una epidemia brutale e di tale entità.

In queste condizioni molto complicate e di forte pressione per il sistema sanitario, i medici e gli infermieri degli ospedali e il personale d’Ehpad (case di riposo), in prima linea in questa lotta contro questo virus insidioso, sono riusciti con prodezza a multiplicare il numero di letti della terapia intensiva e hanno fatto del loro meglio per curare e salvare il maggior numero di vite possibili.

Fortunatamente, il numero di pazienti Covid-19 guariti e usciti dall’ospedale continua a progredire e la curva degli infettati ha cominciato, un pò dappertutto anche se lentamente, la discesa. Ma ahimé ! il bilancio dei decessi nelle case di riposo e nelle residenze sanitarie per disabili resta pesante e promette di aumentare ancora, a causa della fragilità dei loro residenti.

Di fronte a una generazione che se ne va in silenzio senza condividere con i suoi cari gli ultimi istanti della sua vita, in seguito alle restrizioni imposte dai governi, si ha la sensazione che il coronavirus – che ha così violentemente sconvolto le nostre vite e i nostri paradigmi – ci inviti ad instaurare dei legami intergenerazionali più solidi e a rimettere le carte in tavola.

Allora, una riflessione e una certa lucidità e maturità politica si impongono per essere sicuri di poter far fronte ai cambiamenti sociali che dovremo intraprendere :

  1. La generazione dei Baby-Boomers nata alla fine della seconda guerra mondiale – quella che aveva 20 anni negli anni 60 e che ha vissuto profondamentelo lo spirito di maggio 68 – è stata la più colpita dal Covid-19. Questa generazione di fortunati che ha incontrato sul suo cammino le quattro fate : la pace, la prosperità, il pieno impiego e la crescita grazie al progresso è riuscita a realizzare dei cambiamenti giganteschi che hanno aperto a tutti i popoli di Europa la strada della democrazia e della libertà, senza tirare un solo colpo di fucile. Ora questa generazione di fortunati impudenti è accusata – insieme alla generazione post 68 – di essere all’origine degli abusi, delle disfunzioni e di tutti i pericoli che si profilano all’orizzonte del mondo contemporaneo. Tale messa in discussione, radicale e puritana, non ha molto senso perché non coglie l’essenziale. Se degli errori sono stati commessi, questi devono essere corretti prima che si aggravino ancora di più. A tal fine, occorre discuterne insieme e impegnarsi seriamente per rimettere in discussione il modello economico ultra liberale – che fino ad oggi ha creato solamente delle ineguaglianze, delle ingiustizie e delle derive – e proporre delle soluzioni per migliorare e regolamentare la mondializzazione.
  1. La crisi sanitaria provocata dal  Covid-19 ci ha fatto ripiombare in un passato lontano. Per lungo tempo, abbiamo maturato l’idea di essere al riparo da un rischio infettivo e di poter curare, grazie alla ricerca e all’innovazione scientifica, tutte le malattie. Ma, il coronavirus ci ha mostrato la nostra fragilità e vulnerabilità. La morte silenziosa, a porte chiuse, delle persone ultrasettantenni, nelle case di riposo, è divenuta mostruosa e intollerabile. Di fronte a questa situazione una sola certezza: è arrivato il momento di affrontare il problema e di proporre una soluzione alternativa, che non sarebbe semplicemente organizzativa, ma anche politica. L’dea è di spingere i politici e la società civile a preoccuparsi della salute delle persone anziane con lo scopo di sviluppare una cultura della prevenzione, di assicurare l’accesso alle cure, di riconfigurare l’organizzazione delle case di riposo e di rafforzare i legami sociali intergenerazionali.

Le azioni più importanti si delineano chiaramente qui e devono essere indirizzate  verso una  ritrovata coesione e solidarietà tra generazioni necessaria per costruire, tutti insieme, il mondo di domani senza escludere nessuno.

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