Le regole di corporate governance non sono contenute in leggi o regolamenti, ma solo in Codici redatti dagli organi rappresentivi delle società quotate in stretta collaborazione con gli attori del mercato.
La diffusione dei principi di corporate governance è andata di pari passo con la promozione dell’autoregolamentazione e della capacità di innovazione delle imprese sul mercato.
Tali principi – il cui scopo è quello di inquadrare le azioni dei manager e di garantire che servano al meglio gli interessi dell’impresa e dei suoi azionisti – sono stati ampiamente sviluppati nel mondo degli affari anglo-americano a partire dagli anni ’90.
Il primo Codice di Corporate Governance è stato adottato nel Regno Unito nel 1992 dalla Commissione Cadbury, composta dalla Borsa di Londra e da professionisti della revisione contabile, in risposta agli scandali finanziari e alle pressioni esercitate dagli investitori istituzionali.
Il Code of Best Practice è rivolto alle società quotate del Regno Unito e la sua applicazione è volontaria. Raccomanda, tra l’altro, che il consiglio di amministrazione si riunisca regolarmente, assicuri un controllo efficace della società e sovrintenda alla gestione del management team.
Negli Stati Uniti, l’American Law Institute (ALI) ha pubblicato, nel 1993, i Principles of Corporate Governance, che definiscono, in modo molto chiaro, la missione che il consiglio di amministrazione deve svolgere, specificando che tale organo deve: “selezionare e valutare regolarmente i principali dirigenti, fissare la loro remunerazione e, se necessario, sostituirli, supervisionare la conduzione degli affari della società per giudicare se essa è ben gestita, rivedere e approvare gli obiettivi finanziari della società e i principali progetti e piani aziendali…”.
A differenza di molti codici di corporate governance dell’Unione Europea e di altre parti del mondo che richiedono l’adozione volontaria delle loro raccomandazioni sostanziali o “l’applicazione e spiegazione” dei requisiti di trasparenza, le regole di corporate governance negli Stati Uniti sono generalmente obbligatorie.
Ispirati dalle iniziative e proposte anglo-americane, i principi di corporate governance si sono affermati a livello internazionale ed europeo, grazie in particolare all’approvazione nel 1999 dei Principi di Corporate Governance dell’OCSE e alle azioni intraprese dall’Unione Europea. In particolare, l’Unione Europea ha incoraggiato il coordinamento e la convergenza tra i paesi membri su una serie di principi, consentendo così di valutare le pratiche di governance e di migliorare il livello di informazione fornito agli investitori.
Il buon governo promosso da queste organizzazioni ha portato alla definizione di precise linee guida e all’adozione di Codici di Corporate Governance. Questi Codici sono in continua evoluzione e propongono nuovi meccanismi e standard comuni, senza bisogno di una legislazione.
Il loro obiettivo è quello di ripristinare o rafforzare la fiducia degli investitori, gravemente indebolita dagli scandali economici e finanziari che in Francia (Vivendi-Universal) e in Italia (Cirio e Parmalat) hanno evidenziato l’inefficienza del quadro giuridico e normativo e l’esistenza di gravi carenze e disfunzioni nella governance delle società quotate in entrambi i paesi.
I Codici di corporate governance, applicati in Francia e in Italia, affrontano i temi strutturanti della corporate governance, anche se la storia e le tradizioni giuridiche e culturali di ciascun paese comportano degli approcci differenziati su tali questioni, in particolare per quanto riguarda la separazione dei poteri tra l’amministratore delegato e il presidente del consiglio di amministrazione.
Ad oggi, l’applicazione dei Codici di Corporate Governance è fatta su base volontaria. Tuttavia, le società quotate che non vi fanno riferimento sono tenute a spiegare perché non applicano determinate raccomandazioni. Si tratta di un adattamento, nel diritto francese e italiano, del principio anglo-americano “comply-or-explain”.
Un’altra particolarità è che i Codici sono regolarmente aggiornati dopo aver consultato le autorità pubbliche, le associazioni degli azionisti, gli investitori istituzionali, le agenzie di consulenza in materia di voto e gli altri attori del mercato.
Il Codice Afep-Medef in Francia
L’approccio della Francia sull’elaborazione del Codice di Corporate Governance è significativamente diverso da quello applicato dagli altri paesi membri dell’Unione Europea. L’AMF in uno studio pubblicato nel 2016 ha evidenziato che la Francia è :
- L’unico paese in Europa in cui il Codice di corporate governance è redatto esclusivamente dalle associazioni che rappresentano gli emittenti, ovvero l’AFEP e il MEDEF. Il Codice è utilizzato principalmente dalle società del CAC 40.
- Uno degli unici paesi in cui la modifica del Codice non è soggetta a consultazione pubblica sul sito web dell’ente incaricato della redazione del Codice.
- L’unico paese, insieme al Regno Unito, ad aver effettuato adeguamenti per le piccole e medie imprese (PMI), creando un Codice adattato a queste imprese. Si tratta del Codice MiddleNext redatto dall’omonima associazione.
- È l’unico paese in cui l’autorità di regolamentazione pubblica un accurato rapporto di valutazione annuale con citazioni individuali di buone e cattive pratiche [1].
L’Afep e il Medef hanno dunque il compito di redigere il Codice di corporate governance. Dal 1995, queste due associazioni hanno sviluppato una serie di standard che consentono alle società quotate di migliorare il funzionamento dei loro consigli di amministrazione e di far evolvere le buone pratiche di governance.
Il Codice Afep-Medef è stato rivisto più volte dalla sua creazione nel 1995. Tra le raccomandazioni aggiornate nel 2013, 2016 e 2018 vi è l’introduzione del say-on-pay. Questo meccanismo – che inizialmente prevedeva un voto consultivo espresso dagli azionisti sulla remunerazione dei dirigenti – è stato modificato dalla legge Sapin II nel 2016, sotto la pressione di eventi esterni come gli scandali legati all’eccessiva remunerazione di alcuni dirigenti del CAC 40.
Gli azionisti devono ora esprimere due voti annuali vincolanti, uno ex ante sulla politica di remunerazione dei dirigenti e l’altro ex post sulla remunerazione assegnata nel corso dell’esercizio precedente.
Va inoltre rilevato che il Codice AFEP-MEDEF affronta una serie di temi di grande attualità: la limitazione del numero di incarichi di amministratore esecutivo, la gestione del rischio, il dialogo con gli azionisti, la diversità del consiglio di amministrazione e dei suoi comitati, la promozione della creazione di valore a lungo termine, il rafforzamento del dovere di vigilanza e la ragion d’essere dell’impresa.
Il Codice Afep-Medef è molto strutturato, essendo composto di 44 pagine (rispetto alle 20 pagine del 1995) e di 28 raccomandazioni. Nella sua versione aggiornata a gennaio 2020, il Codice prende posizione in particolare su due temi politici: la carriera delle donne e il divario salariale tra manager e dipendenti. Il Codice raccomanda che l’equilibrio tra i sessi e la non discriminazione siano al centro delle missioni del consiglio. Quest’ultimo deve fissare delle quote per favorire una maggiore femminilizzazione degli organi direttivi dell’impresa in modo da rendere obbligatorio l’equilibrio di genere nei comitati esecutivi e gestionali.
In tema di differenziali retributivi, il Codice Afep-Medef prevede che il consiglio di amministrazione includa nella relazione annuale sul governo societario informazioni “sui coefficienti che consentono di misurare le differenze tra i compensi degli amministratori esecutivi e quelli dei dipendenti della società”.
Il Codice di Autodisciplina in Italia
Il Codice di autodisciplina è stato pubblicato per la prima volta nel 1999. Il Comitato per la Corporate Governance – composto dalle associazioni rappresentative degli emittenti (Abi, Ania, Assonime, Confindustria) e degli investitori (Assogestioni) – in stretta collaborazione con la Borsa di Milano, è responsabile della redazione del Codice di Autodisciplina.
Il presente Codice è utilizzato principalmente dalle società quotate sull’indice MTA della Borsa Italiana.
Il Codice viene regolarmente aggiornato per adeguarlo alle migliori pratiche internazionali di corporate governance. Le prime versioni del Codice insistevano sulla necessità di :
- Esaminare regolarmente la composizione, l’organizzazione e il funzionamento del consiglio di amministrazione.
- Chiarire il ruolo e le funzioni degli amministratori esecutivi e non esecutivi.
- Assicurare la presenza di amministratori indipendenti. A questo proposito, si raccomandava la creazione di comitati specializzati del consiglio di amministrazione.
- Strutturare e implementare un efficace sistema di controllo interno adeguato alle esigenze di trasparenza e di conformità delle imprese. In particolare, si raccomandava la creazione di un comitato di controllo interno.
Gli standard di governance aggiornati nel 2015 e nel 2018 hanno migliorato la trasparenza sulle informazioni non finanziarie e sulla remunerazione dei dirigenti, aprendo la sala del consiglio di amministrazione e dei comitati consigliari alle donne.
A differenza del Codice Afep-Medef, il Codice di Autodisciplina è più flessibile. La nuova versione, rivista nel gennaio 2020, è un testo di 26 pagine, rispetto alle 44 pagine dell’edizione precedente. Il Codice si compone di sei principi generali (10 nella versione del 2018), che definiscono gli obiettivi di buona governance, e di raccomandazioni, che individuano i comportamenti da porre in essere per raggiungere tali obiettivi.
Il processo di semplificazione del Codice di Governance è in linea con i principi di flessibilità e proporzionalità, a cui esso si ispira. Così, per tener conto delle dimensioni e dell’organizzazione delle imprese, alcune raccomandazioni si applicano direttamente alle grandi imprese (come le imprese con una capitalizzazione di mercato di 1 miliardo di euro in 3 anni).
Altre, invece, sono più specifiche e si applicano solo alle società quotate con un assetto proprietario concentrato. Cioè le società in cui uno o più azionisti, vincolati da un patto parasociale, detengono, direttamente o indirettamente, la maggioranza dei voti nell’assemblea ordinaria.
Un’altra novità è che il Codice di Autodisciplina propone una semplificazione del sistema di controllo interno e di gestione dei rischi e raccomanda ai consigli di amministrazione di integrare la CSR (la responsabilità sociale dell’impresa) nella strategia di impresa, di promuovere la creazione di valore a lungo termine e di favorire il dialogo con gli azionisti e gli altri stakeholders.
gp@giovannellapolidoro.com
1] AMF, Studio comparativo: codici di governance aziendale in 10 paesi europei, 2016