Brigitte Henri, direttore del controllo dei rischi operativi e della compliance presso Bred – Banque Populaire – ha scritto un nuovo libro: “La Gouvernance face à la Conformité” in cui analizza i legami tra governance e compliance.
Il concetto di governance si è notevolmente evoluto negli ultimi decenni, passando da una visione classica incentrata sulla risoluzione dei conflitti tra management e azionisti a una visione più moderna e contemporanea in cui la minimizzazione e la gestione del rischio costituiscono il cuore della buona governance.
Questa visione più ampia della corporate governance tende a rendere il consiglio di amministrazione più responsabile. La compliance è, infatti, un meccanismo di governance che consente agli amministratori di controllare i rischi di non conformità e quindi di evitare l’applicazione di sanzioni che potrebbero compromettere l’immagine della società sul mercato.
Gli amministratori hanno non solo il potere, ma anche il dovere di assicurare che la società disponga di strumenti, principi, prassi, meccanismi, regole e procedure di conformità per rilevare e valutare i rischi connessi alla conduzione degli affari della società, in particolare attraverso l’analisi dei dati.
Tali compiti devono essere esercitati con la massima diligenza dagli amministratori, pena l’assunzione di responsabilità, sia sulla base classica dell’errore di gestione, sia ora anche a titolo di sanzioni specifiche di recente creazione.
Brigitte Henri si pone poi la seguente domanda: governance e compliance sono oggi un binomio inscindibile?
Un’analisi dei recenti casi concreti e degli scandali economici e finanziari (Enron, Renault-Nissan, Vivendi-Universal, Volkswagen, Siemens, ecc.) che hanno fatto notizia sulle prime pagine dei giornali dimostra chiaramente che esiste un legame tra governance e compliance. Tuttavia, le imprese faticano a sviluppare una vera e propria cultura dell’etica nella condotta degli affari e spesso il consiglio di amministrazione non adempie ai propri obblighi di orientazione e controllo.
Pertanto, la corruzione, la frode, il riciclaggio di denaro, il finanziamento del terrorismo e altre attività illegali possono minare la stabilità e la continuità delle imprese. Questi temi sono al centro delle priorità internazionali, europee e nazionali. Le misure adottate dal legislatore mirano a preservare e garantire il sistema economico e finanziario in modo da aumentare la trasparenza e la fiducia degli stakeholders, contribuendo a migliorare il processo decisionale dei manager.
Nonostante gli importanti progressi compiuti in questi settori, Brigitte Henri ritiene che le imprese francesi siano in ritardo, in particolare per quanto riguarda l’attuazione del meccanismo anticorruzione previsto dalla legge Sapin 2.
Lo studio elaborato dalla società di revisione e consulenza Grant Thornton, nel 2018, ha mostrato che le società francesi hanno adottato un codice di condotta, un sistema di sanzioni e un dispositivo di allerta. Invece, la maggior parte di esse non ha ancora attuato le altre misure anticorruzione previste dalla legge Sapin 2, quali: la mappatura dei rischi, la valutazione da parte di terzi, il controllo e il monitoraggio contabile.
La mancanza di coinvolgimento da parte degli organi di governance e l’assenza di una cultura della compliance ne sarebbero la ragione. Non basta aspettare l’arrivo di una nuova generazione di dirigenti francesi – come alcuni manager sembrano sostenere – per far progredire le pratiche di buon governo, cambiare le regole del gioco e adottare una politica di tolleranza zero nei confronti della corruzione.
Occorre senza dubbio andare avanti, progredire e superare gli ostacoli. Soprattutto, però, è fondamentale sensibilizzare le imprese e i loro amministratori su questo tema così delicato, perché la corruzione non è altro che un fallimento della governance.
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