La promozione della parità di genere nella governance d’impresa è un pilastro essenziale per il buon funzionamento del consiglio di amministrazione. Le imprese più avanzate hanno capito che la diversità è un’opportunità da cogliere e l’hanno integrata nella loro strategia per ottimizzare la loro competitività e conquistare nuovi mercati.
Tale evoluzione nelle pratiche di governance è una delle lezioni apprese dalla crisi finanziaria del 2008. L’esperienza ci insegna che i consigli di amministrazione bloccati nell’immobilismo sono talvolta incapaci di individuare i fattori di rischio, di proteggere gli interessi di tutti gli azionisti, di adattarsi al cambiamento, di promuovere le donne a posti di top manager e di prendere le decisioni necessarie.
Questo modo di governance corrisponde a un modello organizzativo tipico dei gruppi omogenei poco aperti alla diversità in termini di genere, nazionalità, età, cultura, origine sociale e complementarità di profili e competenze.
Nel nostro mondo moderno in continua evoluzione, la governamce d’impresa deve riflettere tutti gli aspetti della società civile. Ciò significa che ormai un’impresa non può concepire la propria strategia senza tener conto dell’esperienza e del punto di vista delle donne. La diversità di genere negli organi di governance rafforza il processo decisionale, offre una protezione contro il pensiero unico e il conformismo e contribuisce a migliorare la risoluzione dei conflitti e l’intelligenza collettiva di detti organi.
Analogamente, la parità professionale tra uomini e donne contribuisce ad aumentare le performance sociali, economiche e finanziarie dell’impresa. E può avere un impatto positivo: le donne apportano un contributo importante, una nuova visione e nuove proposte, una migliore comprensione delle aspettative e delle esigenze dei clienti, un migliore ascolto e una maggiore creatività. Non associarle è un vero e proprio errore strategico oltre che una scelta assurda. La diversità è una potente fonte di ricchezza e migliora l’immagine e la reputazione dell’impresa.
Tutto ciò non è passato inosservato sul mercato. Il mondo della finanza ha fatto suo rapidamente l’argomento. Molti fondi di investimento investono ora il loro denaro nelle imprese più inclusive e progressiste che tengono conto dell’equilibrio di genere nella composizione del consiglio di amministrazione e del comitato esecutivo, nonché della posizione gerarchica occupata dalle donne.
Così, sotto l’impulso di investitori e di stakeholders, la maggior parte dei paesi dell’OCSE, tra cui Francia e Italia, si sono impegnati a rafforzare le misure per promuovere l’equilibrio di genere e l’uguaglianza professionale nella composizione dei consigli di amministrazione e degli organi di direzione delle imprese.
Il sistema giuridico francese
La legge Copé-Zimmermann (Legge n°2011-103 del 27 gennaio 2011), relativa alla rappresentanza equilibrata di donne e uomini nel consiglio di amministrazione (e nel consiglio di sorveglianza) e alla parità professionale, ha permesso alla Francia di essere all’avanguardia in Europa in materia di diversità.
Questo testo costituisce un enorme passo avanti per le donne nella condivisione del potere. Obbliga le grandi società quotate e non quotate con più di 500 dipendenti a nominare “il 20% di donne nei consigli di amministrazione entro il 2014 e il 40% di donne entro il 2017”.
Con l’entrata in vigore della legge per l’effettiva parità tra donne e uomini (Legge n°2014-873 del 4 agosto 2014), il legislatore francese prevede – che dal 1° gennaio 2020 – anche le imprese che impiegano per il terzo anno consecutivo un numero medio di almeno 250 dipendenti permanenti e che hanno un fatturato netto o un totale di bilancio di almeno 50 milioni di euro rientrano nell’ambito di applicazione della legge Copé-Zimmermann.
Le designazioni o nomine non conformi ai requisiti di parità previsti dalla legge sono nulle. Il mancato rispetto di tali quote comporta anche la sospensione del versamento dei gettoni di presenza. Quest’ultimo potrà essere ripristinato – prevedendo anche gli arretrati non attribuiti – una volta che la composizione del consiglio di amministrazione è ridivenuta regolare.
Grazie all’impatto positivo della legge Copé-Zimmermann, la percentuale di donne nei consigli di amministrazione delle imprese del SBF 120 e del CAC 40 continua ad aumentare. In 11 anni, il numero di donne nei consigli di amministrazione è passato dal 10% nel 2008 al 45,1% nel 2019. Si tratta di una tendenza incoraggiante, anche se le donne rappresentano meno del 14% dei membri nei comitati esecutivi (COMEX).
Per ovviare a questo problema, la legge PACTE (Legge n. 2019-486 del 22 maggio 2019) ha esteso l’obbligo di parità tra uomini e donne ai membri del directoire (il consiglio di gestione nella società duale) e alla nomina dei direttori generali delegati. Inoltre, ha introdotto una nuova sanzione e ha stabilito che il mancato rispetto della quota del 40% può comportare la nullità delle deliberazioni degli organi di governance.
Il sistema giuridico italiano
L’Italia ha seguito rapidamente l’esempio della Francia. La legge Golfo-Mosca (Legge 12 luglio 2011, n. 120) rafforza la partecipazione delle donne negli organi di governo delle società quotate e delle imprese pubbliche. Questa legge impone una quota e stabilisce che almeno un terzo del genere meno rappresentato negli organi di governo deve essere costituito da donne.
Il mancato rispetto di tale obbligo è sanzionato dalla Consob (autorità per i mercati finanziari). La Consob può richiedere alla società interessata di adempiere entro quattro mesi. L’inosservanza di tale obbligo è sanzionata con una sanzione pecuniaria. E in caso di ulteriore inadempimento, i membri eletti negli organi di governo decadono dalle loro funzioni.
L’applicazione della legge Golfo-Mosca ha permesso dei progressi significativi: la percentuale di donne negli organi di governo delle società quotate è passata da quasi il 6% nel 2010 al 36% nel 2019. Tuttavia, il numero di donne con accesso a posizioni dirigenziali è ancora molto basso.
Va detto però che la legge Golfo-Mosca ha un campo di applicazione limitato: il requisito della parità si applica solo a tre mandati consecutivi. Ciò significa che, in assenza di una proroga, la legge rimane in vigore fino al 2022.
Per non compromettere i progressi compiuti nel corso di questo decennio, il Governo italiano, nell’ambito della Legge Finanziaria 2019 (Legge 27 dicembre 2019 n. 160), ha deciso di prorogare gli effetti della legge Golfo-Mosca.
Il nuovo dispositivo, entrato in vigore il 1° gennaio 2020, introduce una nuova quota e stabilisce che almeno i due quinti dei membri degli organi direttivi delle società quotate devono appartenere al sesso meno rappresentato.
Tali disposizioni si applicano a partire dal primo rinnovo degli organi amministrativi e di controllo (ossia a partire dalla stagione assembleare 2020) e per i successivi sei mandati consecutivi.
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